6 ottobre 2008

Il Telepass

Mentre accompagnavo la signora Mara a Roma, in visita ad un'amica, mi sono imbattuto in una brutta avventura, di quelle che capitano solo a me per intendersi. Giungiamo in auto al casello di Roma nord e ci immettiamo nella corsia Telepass, alla guida c'è la signora ed io accanto con in mano il GPS con le indicazioni per raggiungere l'abitazione dell'amica (trattasi della marchesa Cafiera Frattaroli Sbrocca) nel quartiere Monte Mario. Aspettiamo che la sbarra si apra ma ciò non accade per cui, dopo qualche secondo di attesa, la signora preme il tasto di richiesta assistenza. Voce metallica, con accento romano, dal casello : "Dimme dimme... Che cc'è?" - "Non si alza la sbarra, faccia qualcosa per favore!" - risponde la signora. "Ma r'telepasse ce ll'hai? No perchè se nun ce ll'hai nun poi passà...è regolare..." - aggiunge la voce nella colonnina. "Certo che ho il telepass giovanotto, crede forse di avere a che fare con una vecchia rincoglionita? Apra perdio!" - replica stizzita la signora mentre dalle auto in coda si leva un coro di clacson. "Ah 'bbella ripijate, datte na carmata... E quer coso accanto a te che è? Me pare n'babbuino!" - sogghigna la voce. "Guardi, si tratta del mio domestico filippino..." - dice la signora imbarazzata mentre dall'altoparlante si ode un coro di risate sguaiate. Dopo qualche secondo di silenzio: "Signò ce stà n'probbrema cor terminale. Deve da venì qua ar'punto bblu, ma datosi che è pericoloso attraversà la bariera der casello, mannace er'babbu... ehm... er'filippino, che sistemiamo la faccenda di persona...". Avendo notato nella voce dell'addetto un tono sarcastico-sadico che mi faceva temere per la mia incolumità fisica, tergiversavo, ma la signora insisteva: "Allora le mando Hector. Dai scendi, vai-vai, fatti aprire la sbarra. E vai!" - e la voce dal casello: "Ah Ettòrre nun ce fa 'ncazza che qui nun c'avemo tempo da pèrde co li primati. Vie'pò qqua bbello che c'avemo na'banana da datte!". Scendo dalla macchina e mogio-mogio mi avvio verso il punto blu, scavalcando le corsie fra gli impropèri degli altri automobilisti. Entro di corsa nell'ufficio, una squallida stanzetta con dei computer ricavata nel retro dei cessi del casello, e vedo due omaccioni che mi squadrano da capo a piedi. "Hai r'probblema che nun te si arza la sbara? Anvedi quest'amico mio? Lui c'ha r'probblema 'nverzo... A lui la sbara se arza, eccome s'arza..." - mi dice il primo uomo con un sorriso maligno mentre l'altro mi passa dietro ed inizia a toccarmi con insistenza il sedere: "Ora fai il bravo con me. Dopo te ne poi annà cò 'a fracicona che c'hai sur veicolo, artrimenti ti ce mannamo noi..." - mi sibila all'orecchio. "Ma dove voi mandate me?" - chiedo timoroso e riverente stringendo il GPS al petto credendo, ahimé ingenuamente, che mirassero a quello. "Te mannamo a 'fanculo!" - rispondono in coro immobilizzandomi costretto in una posizione contronatura (altresì detta: 'alla pecorona'). Mentre uno dei due fà i suoi porci comodi da tergo (scoprirò poi che trattasi di Spartaco Colluccello, detto Wanda, noto trans della zona Anagnina), l'altro osserva in silenzio schioccando la lingua di tanto in tanto e finalmente, quando tutto sembra finire, si decide a comunicare alla signora: "Ah signò tuttobbene. Je rimannamo 'ndietro er macaco e aprimo la sbara. La società autostrade augura buon viaggio... Sti mortacci!". Risalgo in auto dolorante e pensoso. "Hector, dove hai messo il GPS? Non mi dire che lo hai dimenticato da quei signori gentili? In tal caso te lo detrarrò dal prossimo stipendio, non preoccuparti..." - mi apostrofa la signora. Ma in quel momento non penso ad altro che al fiato puzzolente di morchia di littorina di Wanda.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Povero hector..Ma capitano tutte a te???
Baci, Giulia4u.